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01/12/2019

Cannabis e terapia del dolore: un tema aperto

Cannabis e terapia del dolore: un tema aperto

L’uso della cannabis medica o di prodotti a base di canapa indiana per alleviare il dolore cronico è, a livello mondiale, una tra le questioni più controverse dal punto di vista scientifico e politico.

È di pochi giorni fa la notizia, riportata dal The Guardian, dell’avvio di un trial clinico che si propone di reclutare, entro il 2021, 20.000 pazienti nel Regno Unito: «La cannabis medica è ancora fuori dalla portata di troppe persone» afferma sul quotidiano inglese David Nutt, uno dei massimi studiosi a livello internazionale sull’uso della cannabis medica e promotore del trial.

L’iniziativa, denominata Project Twenty21, prevede di fornire prodotti a base di cannabis a tutti i pazienti che faranno parte dello studio, con l’intento di dimostrare la validità della cannabis medica nel trattamento del dolore cronico. Ciò rappresenta, in un certo senso, sia una sfida sia un tentativo di allentare la resistenza alla prescrizione di cannabis medica da parte dei medici in uno Stato dove, dal 2018, è stata legalizzata la vendita di marijuana sia per scopi terapeutici che ricreativi.

Probabilmente, è una scelta ancora da collaudare e che pone molti interrogativi.

Nel 2018 lo European Pain Federation (EFIC) ha pubblicato la sua posizione al riguardo attraverso uno studio che ha analizzato la letteratura scientifica, le raccomandazioni e le linee guida di società scientifiche internazionali e delle agenzie nazionali. Le conclusioni? Tutta la letteratura scientifica presa in esame non ha riportato evidenze sufficienti per raccomandare la prescrizione di cannabis medica e, inoltre, nessuno dei 37 Stati che fanno parte della EFIC ha elaborato proprie linee guida sull’uso della cannabis medica per il trattamento del dolore cronico. Questa situazione, secondo lo studio, dimostra la necessità condurre nuovi, ma soprattutto più ampi, trial clinici: questo potrà essere certamente facilitato dalla legalizzazione della marijuana in molti Stati, permettendo di portare avanti studi empirici su larga scala. Quello che stanno tentando di fare in UK: il 2021 è la data entro la quale sia il Project Twenty21 che la EFIC si propongono, rispettivamente, di dimostrare i risultati e aggiornare le raccomandazioni.

Ma quali sono i motivi per cui gli studi condotti finora ancora non sono giunti alla conclusione della necessità di prescrivere cannabis medica ai pazienti affetti da dolore cronico? Prendendo spunto da uno studio clinico pubblicato nel settembre 2019 su Multiple Sclerosis Journal (MSJ) si possono comprendere le difficoltà e i pericoli di errore nell’interpretazione dei risultati ai quali possono andare incontro i ricercatori e, di conseguenza, il medico che dovrebbe prescrivere.

Nel caso specifico, lo studio è stato condotto dai medici dell’unità clinica di cura per la sclerosi multipla allo University of British Columbia Hospital di Vancouver in Canada, stato nel quale dal 2018 è stata legalizzata la marijuana per uso medico e ricreativo. La sclerosi multipla, assieme al cancro, è la malattia per la quale i pazienti usano con maggiore frequenza prodotti a base di cannabis – chiedendone la prescrizione al medico o procurandosela autonomamente – per alleviare il dolore e, nello specifico, la spasticità talvolta associata a questa neuropatia. Lo studio su MSJ ha messo a confronto le informazioni sull’uso della cannabis nei pazienti prima della legalizzazione con quelli derivati dallo studio condotto dopo la fine dell’era proibizionista. Su 600 questionari distribuiti, 259 sono stati compilati, ma solo 188 inclusi nello studio finale. Il 75% dei questionari era stato compilato da donne e il 29% dei pazienti dichiarava di usare prodotti a base di cannabis con cadenza quotidiana o settimanale o mensile, con una maggiore propensione all’utilizzo di prodotti contenenti THC, che solo CBD. Prevale l’assunzione per via orale o con sigarette e la ragione più comune per cui i malati ricorrono ai prodotti a base di cannabis è il dolore e i disturbi del sonno: la maggior parte ha riportato effetti positivi sul controllo del dolore, ma anche effetti collaterali come disturbi della memoria e affaticamento mentale. Il profilo dei consumatori di prodotti a base di cannabis è quello di persone con forme di sclerosi multipla molto gravi, che non rispondono ai normali trattamenti con farmaci antidolorifici, e disoccupate a causa della propria disabilità.

Tuttavia, il 49% dei consumatori di questo studio soffre di disabilità lieve, indicando come la legalizzazione della marijuana abbia aumentato il bacino dei consumatori. Il 33% utilizzava prodotti a base di cannabis prima della diagnosi di sclerosi multipla, ma il 67% ha iniziato ad usarli dopo averne avuto la conferma. Inoltre, solo la metà prende questa decisione dopo averne discusso con il proprio neurologo e, della restante metà, solo il 18% ha ottenuto la prescrizione medica all’uso di prodotti a base di cannabis, evidenziando un forte gap comunicativo tra medico e paziente su questo tema.

In generale, le linee guida supportano l’uso di prodotti a base di cannabis per la gestione del dolore e della spasticità nel trattamento della sclerosi multipla, senza tuttavia sufficienti evidenze per una loro raccomandazione nella gestione di altri sintomi legati a questa malattia. Una linea guida cautelativa, fondata sulla mancanza di prove scientifiche in grado di dimostrare con assoluta certezza la maggiore efficacia di un trattamento a base di cannabis rispetto ad altri trattamenti con antidolorifici già approvati dagli enti deputati all’immissione in commercio dei farmaci, Federal Drug Administration (FDA) ed European Medical Agency (EMA). La legalizzazione della cannabis in molti Stati pone ora la necessità di un costante monitoraggio a livello scientifico su benefici, rischi e profilo di sicurezza dei prodotti a base di cannabis.

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