“La bellezza si nasconde nelle piccolo cose”: chiunque creda a queste parole rimarrebbe incantato da quello che Fabio Bonelli ha creato per anni come Musica da Cucina. Come il suo pseudonimo suggerisce, una serie di utensili da cucina è tutto quello che gli serve – assieme a un clarinetto e una chitarra elettrica – per creare un mondo poetico e gentile, nato da oggetti di uso quotidiano piegati a un uso completamente diverso. Lo abbiamo incontrato per capire come riesca a creare questa magia.
Anni fa, Nick Cave raccontava di andare a comporre ogni giorno in ufficio: “L’ispirazione non è il fuoco sacro che scende dal cielo, è un bisogno che va alimentato”. E’ così anche per te?
Direi di si, anche se è comunque un fuoco sacro che viene dal cielo, dal mio modestissimo punto di vista. E lo è per chi crea una canzone, ma anche per ogni azione della vita quotidiana che può essere vissuta come ispirazione e atto creativo. Forse è per questo che si dice grazie quando una persona fa qualcosa per te: è stata portata "grazia" nella vita di tutti i giorni. Evviva. Poi sicuramente c'è il duro lavoro della scrematura, della ricerca, della disciplina.
Descrivere il proprio processo creativo non è la cosa più semplice del mondo: se lo dovessi spiegare a qualcuno, come lo racconteresti?
A me capita quasi sempre che la prima idea che arriva sia quella giusta. Poi possono passare ore, giorni, settimane, anni perché questa si realizzi definitivamente: per fare questo si passa da tanto lavoro "di ufficio” - un affinamento di un'idea che è arrivata improvvisa.
Quali sono per te le condizioni ideali per comporre?
Un luogo fisico dedicato, dove muovere cose, oggetti, strumenti senza rendere conto a nessuno. E anche avere più progetti aperti contemporaneamente, potendo saltare da uno all'altro seguendo istinto e disciplina.
Ti immaginiamo come un consumatore onnivoro di musiche, libri e di arte nell’accezione più varia del termine: cosa c’è dietro all’immaginario delle tue musiche e delle tue performance?
Molti ascolti diversi, approfondimenti (mai abbastanza) e tanta curiosità. Mi piace tanto ascoltare i suoni della realtà. Camminare ed ascoltare - anche in casa, dove spesso lo stereo è muto. A volte capitano immersioni inaspettate, o anche delle “allucinazioni sonore”: due suoni in strada che si sovrappongono e ne creano un terzo - improvviso, irriconoscibile, misterioso.
Qual è la tua ultima fissazione, in termini di suono? E come lo hai incontrato?
Ultimamente sono rimasto folgorato da Ghosteen di Nick Cave e dalla selezione random di Spotify: mi trovo ad ascoltare dagli Assassins ai Cocteau Twins, per poi passare a Pat Metheny e subito dopo i GBH, poi Erykah Badu e suonatori di flautas de chino, cori alpini, cantautori italiani e trapper switzerdütsch. È inebriante: a un certo punto non capisci più dove sono i confini e un canto dei pigmei sembra un pezzo di Fennesz, un pezzo dei Napalm Death si fonde in un'intro dei Sonic Youth, un gruppo di liscio valtellinese diventa Johnny Cash in una sorta di nirvana audiofilo. Tutto si fonde in un unico suono fatto di miliardi di canzoni, ritornelli, strofe, frammenti sonori.