Mimes of Wine: la creatività è la linfa del mondo

La musica come puro atto creativo: abbiamo deciso di incontrare band e artisti per capire il loro personale approccio nella ricerca di nuovi sentieri per l'ispirazione. Ecco l'incontro con Mimes of Wine.
La creatività si nutre di tutto: parole e ricordi emergono nella musica di Mimes Of Wine come dalle profondità di un sogno, accompagnato da una voce difficile da dimenticare. Abbiamo incontrato Laura Loriga – cantante, pianista e anima di un progetto che cresce tra Bologna e New York – mentre il suo quarto disco sta venendo alla luce.
Nick Cave ha detto: “L’ispirazione non è il fuoco sacro che scende dal cielo, ma un bisogno che va alimentato”. È così anche per te?
Anche per me l’impegno continuo è l’unico modo di arrivare da qualche parte. Ciò che creiamo è un mondo che si può controllare fino ad un certo punto: con la costanza gli si dà modo di venirci incontro.
Se dovessi spiegare a qualcuno il tuo processo creativo, come lo racconteresti?
Parto da ricordi e racconti, da persone che ho visto o sentito suonare. La parte difficile è portare idee e ricordi oltre, a concretizzarli in qualcosa che sia finito e reale, superando abitudini e comodità espressive. Non mi basterebbero mille vite per farlo quanto e come vorrei: ecco perché per me è tanto importante continuare a vedere, sentire, guardare e leggere il lavoro di altri. È la linfa del mondo.
Quali sono per te le condizioni ideali per comporre?
Pace, solitudine e un buon numero di ore davanti a me senza niente altro a cui pensare. A New York ho avuto la fortuna di avere un piccolissimo studio solo per me: allargando le braccia, quasi toccavo entrambi i muri. Libri, qualche appunto e foto sulle pareti, tanta luce che entrava da una grande finestra su una strada alberata…
Ti immaginiamo come una consumatrice onnivora di musiche, libri e di arte: quale immaginario c'è nella tua musica, e in particolare nel disco che stai preparando?
Parto dalla vita di tutti i giorni, con curiosità e con la fortuna di avere persone intorno con cui ho bellissimi scambi. Ultimamente, mi hanno insegnato molto All the things I lost in the flood di Laurie Anderson, Here is where we meet di John Berger e Lanterna magica di Ingmar Bergman, oltre alle canzoni di Ed Askew, Circuit des Yeux e la chitarra di Loren Connors.
Qual è la tua ultima fissazione, in termini di suono? E come lo hai incontrato?
Nel mio ultimo lavoro ho sostituito quasi tutte le parti di pianoforte con gli organi. Volevo dare più spazio alla voce: è un mondo del tutto nuovo e ne sono molto felice.